La scomparsa di Gesualdo Bufalino. Amaro miele

 

 

 

 

 

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di MARCELLO BENFANTE

commiato in video

La “Scomparsa di Gesualdo Bufalino” di Nosrat Panahi Nejad si apre ossimoricamente con un commiato («Addio, bivacchi di festa»). Non un addio ai monti, ma un foscoliano elogio e insieme rammarico della distanza («Resta di tanta vacanza», che riecheggia la perduta “speme” del poeta di Zante). La motivazione encomiastica viene subito assorbita e quasi annullata da un complesso ordito di slittamenti iconici e semantici.
marcello benfante L’ inquadratura della casa di Bufalino stabilisce una sorta di “alfa” o scaturigine da cui si sgrana tutto il filmato nel teatro atavico della Comiso natale e ferale («Questo luogo mi piace per morire»). Seguono le immagini riprodotte: la fotocopiatrice in funzione, la rassegna stampa, un ritratto. Il fantasma di Bufalino appare straniato in un processo di duplicazione e serializzazione. Ma lo sdoppiamento e la moltiplicazione sottolineano con forza la mancanza. I titoli strillano la dipartita dello scrittore. Ciò che resta è la sua viva voce, insieme alla pallida orma dei grafemi, le «parole di un moribondo di provincia» che riecheggiano da un aldiqua premonitorio. Anche la bara, collocata tra i volumi della Biblioteca comunale, segnala un’ analoga presenza-assenza. Il corpo è divenuto libro. Così come gli avanzi di cibo, immagine consolatoria e postuma, riassumono emblematicamente la rielaborazione del lutto: il rito è consumato, come il pasto. E anche la notte deve passare, diaframma d’ ombra e luce tra i due giorni d’ esequie. L’ elogio funebre assume cadenze rievocative in un trittico di testimonianze. E «l’ amabile voce» rivive per un istante, come initazione e rimembranza, nell’ accenno di canto di un amico affranto: «che reste-t-de nos amours». Appare traccia dell’ epilogo fatale in quell’ accenno alle passeggiate in macchina con lo scrittore felice e malinconico, forse in qualche modo attratto dalla seducente morte. La voce allora diventa pagina, il verso affiora dal lucore cartaceo. Lo spettatore ridiventa lettore nella ricongiunzione del verso recitato con quello stampato che assume quasi la valenza di una sinestesia. La trasposizione si compie a livello simbolico con l’ inserto dei caratteri tipografici mossi come scacchi. Alla sinopia allegorica di Nejad fa da contraltare l’ intonazione sincera e al tempo stesso controllata, da rétore gentile e pudico, di Bufalino. Lavora sui dettagli, sugli interstizi, Nejad: le sveglie (ricorrenti, come le mani, nella sua opera) sottolineano l’ ambiguità del tempo fermo che «scambia mezzogiorno per mezzanotte». Due volte l’ orologio rotto segna comunque l’ ora giusta, per caso o per ineludibile appuntamento col Fato. E intanto la radio (ancora un topos di Nejad, ma con un preciso riferimento al bufaliniano “Inventario della mia morte”) diventa metonimia del canto lirico, oggetto-fonico che catalizza l’ anima. Non si tratta però di un rimando nell’ ottica della citazione o della restituzione, piuttosto di una contaminazione esponenziale che comunque sottende a una circolarità o un vorticoso ritorno degli elementi. (…) Lo spettro del poeta riaffiora, come richiamato dalla formula dei suoi versi, nell’ immagine fotografica. Sono pose di gioventù in cui sembra scorgersi l’ entelechia del ritratto fotografico. Il commiato volge al termine con la bara che esce dalla camera ardente, inseguita dall’ obiettivo che s’ impone l’ autoreclusione nel perimetro sacrale della Biblioteca. Il “Canto del destino” di Brahms evoca un senso tragico di ineluttabilità. In ultimo compare Bufalino ad accomiatarsi da se stesso (“Approdo del fantasma”), materializzazione testamentaria dell’ anziano che è pure eterno fanciullo, sopravvissuto alla fine precoce ma in ogni modo anzitempo sottratto alle amate carte che ancora raccoglie sotto i portici, quasi a volerle sottrarre all’ oltraggio del vento. E si congeda attraverso la straziante figura del piccolo Adelmo (“Lapide del bambino”), straziato da una tosse senile, troppo presto sottratto ai cartacei giochi di guerra. La morte non ha età e d’ altronde la vita è leopardianamente malanno. Gli ultimi accordi del requiem sono queste anacronistiche e spettrali immagini che sembrano suggerire un trattenuto passo di danza. E Nejad non poteva trovare un più consono omaggio.

 

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NOTE DELL’AUTORE

Durante i giorni 15 e 16 giugno del 1996, ho documentato i funerali dello scrittore siciliano Gesualdo Bufalino scomparso tragicamente a causa di un  incidente stradale.

Lo scenario è quello della Biblioteca Bufalino, dove tra sagome e volti mesti di tante persone che accorrevano a rendere omaggio alla salma del più schivo letterato contemporaneo, si vedono le sue opere, i suoi libri e le sue riviste.

In margine alla funebre cerimonia e nell’assenza totale delle istituzioni, vengono intervistati alcuni giovani collaboratori ed amici comisani dello scrittore i quali per molti aspetti furono i suoi più assidui interlocutori nella quotidianità. Ognuno di essi tramite il suo racconto rivela un lato sconosciuto e soggettivo dello scrittore scomparso. A coronamento di tutto viene il piano sequenza finale della durata di 9 minuti il quale documenta il commiato della folla a colui che forse senza alcuna retorica, fu il più importante scrittore della Sicilia post bellica.

In questa seconda versione del documentario rovesciando il piano narrativo della precedente versione aggiungo, oltre l’elaborazione del materiale girato, otto poesie recitate con la voce di Gesualdo Bufalino dal volume  Amaro Miele. Pro memoria, Stanza alla “Rocca”, Preghiera di mezzogiorno, Didascalia per una visita medica, Inerzie, Lapide del bambino, Versi scritti sul muro, Frase, Compianto dopo la guerra, Dues Illa, …

Alla fine del film compare lo stesso Bufalino che camminando  in solitudine nel chiostro della sua biblioteca ascolta la propria voce e la propria poesia.

 

* I versi di Amaro miele che accompagnano tutto il percorso filmico sono recitati dalla voce di Gesualdo Bufalino  il quale su  mia richiesta aveva inciso sopra una audio cassetta 24  poesie del piccolo ma importante volume che raccoglie le  sue poesie pubblicate nel 1982 da  Einuadi, concedendomi anche un’ autorizzazione scritta  per farne uso in un mio  film.

 

SCHEDA

TITOLO: La scomparsa di Gesualdo Bufalino  Amaro miele.

DI: Nosrat Panahi Nejad

VOCE RECITANTE: Gesualdo Bufalino

CON: Gesualdo Bufalino, Salvatore Schembari,Giovanni Iemmolo, Tiziana Serra, Federica Timota

FOTOGRAFIA AUDIO MONTAGGIO: Nosrat Panahi Nejad

MUSICA: J. Brahms (1833-1827), Choral Works, Songs of Destiny, op. 54, testo di  F.Hölderlin, San Francisco Synphony Orchestra and Chorus H. Blomstadt- DECCA.

PRODUZIONE: Luisa Mazzei Nosrat Panahi Nejad, II versione, Palermo 2009